Pierca
Addio a Pierca


Addio a Pierca, «pasionaria» della pittura bresciana
E' morta tornando a casa dall'inaugurazione della retrospettiva del marito Enrico Ragni
Fausto Lorenzi, "Giornale di Brescia", 21 Novembre 2010

Si è accasciata sulla porta di casa, ieri sera in via Bollani in città, mentre rientrava colma di felicità da Iseo dove aveva partecipato in Palazzo Vantini all'inaugurazione della mostra antologica dedicata al marito Enrico Ragni, scomparso nel 2002 alla soglia dei 92 anni, celebrativa del centenario della nascita. E' morta così, a 89 anni, il cuore traboccante, Pier Carla Reghenzi, per tutti Pierca, ancora una volta nel segno d'un legame indissolubile col compagno di vita e arte. Era nata il 16 aprile 1921. Nel gennaio-febbraio 2009 in Castello era stata dedicata a lei un'antologica , «Una vita nell'astrazione», per iniziativa di Fondazione Cab e Ubi/Banco di Brescia, Brescia Musei e Comune. E già nel 2003 la città le aveva reso omaggio in Loggia.

Nel 1938 Enrico Ragni preparò una giovane pittrice all'esame di ammissione al liceo artistico di Brera: era Pierca. Nacque allora una storia di affiatamento amoroso-espressivo che è durata più di 60 anni. Nel 1953 con «Case della Sardegna» ella vinse il prestigioso premio nazionale Marzotto. Nello stesso anno fu la «bestia nera» dei tradizionalisti al Premio Brescia (le toccò il premio riservato ai pittori bresciani, ex aequo con Augusto Ghelfi, per «Le torbiere d'Iseo»). Con Ragni, fu molto amica di Renato Birolli, anima del rinnovamento pittorico astratto-concreto. Con lui soggiornarono nelle prime estati del Dopoguerra a Mazzorbo, in laguna. Con Ragni fece poi lunghi soggiorni nelle Eolie, in Sardegna, in Spagna (nei mari si immergevano con l'amico e celebre documentarista Folco Quilici), in un clima di rapporto quasi ancestrale con la natura. Nel 1969 Pierca formò il Gruppo 4 Internazionale con altre tre artiste compagne d'artisti.

Nel Dopoguerra e negli Anni '50 lo studio in corso Magenta di Pierca e Ragni diventò, con la casa di via Bonomelli del collezionista Guglielmo Achille Cavellini, un punto d'incontro del Gruppo degli Otto astratto-concreti attorno a Lionello Venturi (Birolli, Morlotti, Vedova, Afro, Santomaso, Corpora, Turcato, Moreni). Il temperamento pittorico di Pierca era più esuberante e tormentato, d'asprezza forte e ruvida, rispetto a quello più formalista e contemplativo del marito Ragni. Lavorava sul crinale di passione e ragione, tra uso drammatico, impetuoso del colore e ritmi del costruttivismo. Anche in rapporto con la musica dodecafonica, la passione per Schönberg (lei e Ragni erano amici del compositore Camillo Togni), nel tracciare percorsi alla ritmica fisiologica ed al flusso di coscienza, col senso della contingenza e insieme del destino, e quindi anche degli scontri timbrici, dei clangori e delle atonie della vita. Spesso le sue opere possono essere viste come forme in divenire, salde nella materia e nella struttura, ma vibranti per la vitalità interna che le caratterizza, per il bisogno di trasmettere il fremito e le lacerazioni degli affetti, gli spasmi e le gioie della vita, il peso dell'esistenza, l'acre flusso vitale. Si gettava a inseguire un mondo percepito in fuga perenne, in vibrazioni di pittura accesa: forse fu l'unica autentica artista informale che Brescia abbia avuto (sempre ricordando che l'informale non è l'informe, ma è la forma delle emozioni). Anche in seguito, per lei l'opera è sempre stata un organismo pulsante, lasciato sospeso come una «tranche de vie», ma in un preciso, più misurato equilibrio di rapporti pittorici.



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Addio a Pierca, pasionaria dell'astrattismo bresciano
E' morta dopo l'inaugurazione della mostra dedicata al marito Enrico Ragni
Aveva 89 anni ma continuava a dipingere interpretando con poesia i colori
Mauro Corradini, "Bresciaoggi", 21 Novembre 2010
 

Se ne è andata all'improvviso circondata dalle cose che amava: gli estimatori della sua genialità, gli amici e i quadri che avevano riempito di colori ed emozioni la sua esistenza e quella delle persone che avevano incrociato il suo cammino artistico ed umano.

Il cuore di Pierca si è fermato per sempre nel tardo pomeriggio di ieri, poco dopo l'inaugurazione della mostra dedicata al marito Enrico Ragni, un'antologica del centenario allestita a palazzo Vantini a Iseo. «Dalla terra al mare al cielo» è il titolo quasi profetico della rassegna imperniata sulle opere di collezionisti privati ma anche e soprattutto di quelle messe a disposizione da Pierca, Pier Carla Reghenzi, ma solo per l'anagrafe.

Alla fine del vernissage era stanca ma contenta, soddisfatta dello spazio espositivo, entusiasta del folto e attento pubblico. «Abbiamo lavorato sodo stavolta – mi aveva sussurrato – ma ne valeva la pena. Però adesso basta mostre, per un po'».

Non so se sarà davvero così; non so se gli amici che hanno colto il riflesso del suo ultimo sorriso prima dell'addio, avranno il coraggio di chiudere per sempre lo scrigno della creatività di Pierca.

Di certo il dolore del dramma è stato reso ancora più lacerante dalle circostanze. «Pierca è morta» mi ha informato al telefono Marco Ticozzi, un ex-allievo di Ragni. E subito dall'animo mi è venuto un interrogativo superfluo ma sincero: «Ma come proprio stasera?». Ma chissà a pensarci bene, forse Pierca se avesse potuto scegliere sarebbe uscita di scena così, avendo negli occhi la suggestiva antologica dedicata all'indimenticato marito.

Diceva sempre quel che pensava, anche se politicamente non corretto. Anche la sua ultima mostra, allestita in Castello tre anni fa, era stato un evento che aveva controllato minuziosamente, nonostante il peso degli anni. Per lei nulla andava lasciato al caso quando si parlava di arte. Come in pittura, come nella sua lunga storia, come nei rapporti, anche duri, perché la verità fa sempre male.

Nata a Seniga nel 1921, aveva cominciato il suo percorso artistico sul finire degli anni Trenta, dopo il diploma magistrale. Anche allora, decisa, aveva scelto: voleva imparare a dipingere, assecondando il suo talento naturale; e per apprendere le tecniche, aveva scelto un giovane maestro, di cui a Brescia si diceva un gran bene all'epoca: Enrico Ragni. Era nata un'amicizia, una reciproca ammirazione, un sodalizio, in arte e nella vita, una coppia d'arte, anche se ognuno si muoveva autonomamente dal punto di vista della ricerca; ma tutti e due, in quel dopoguerra che sconvolge numerosi percorsi artistici, si volsero all'astrattismo. E forse Pierca in alcuni momenti anticipò Enrico; anche in questo, la sua decisione fece da traino in un momento difficile perché in provincia l'astrattismo è sempre stato guardato con distacco.

Il suo percorso artistico, letto a ritroso, è stato esemplare: dall'iniziale, presto abbandonata, figurazione, anche se un astrattismo di stampo lirico, tutto giocato sull'uso attento e poetico del colore; meno geometrica nei confronti del marito, la sua ricerca astratta ha vissuto sui ritmi interiori per trascrivere emozioni e stati d'animo, quella libertà (forse al femminile) che aveva vissuto, fin dal suo primo atto maturo, quando scelse la pittura, contro un diploma di maestra elementare che la collocava già in un ruolo cui aspiravano in molte. Scelse la pittura; visse da pittrice; con Enrico divise lo studio di Milano negli anni cinquanta e in città fino ad oggi. Nella sua ultima intervista rilasciata nella casa vicino all'ospedale, Pierca aveva mostrato i suoi ultimi lavori: stava realizzando una sequenza di tavole astratte, realizzate sostanzialmente a collage. Un'opera che succhiava energie psicofisiche: ma Pierca era tenace, amava la pittura e per essa non si fermava di fronte a niente.

Con la pittura amava Enrico, con cui aveva diviso tanti successi e qualche delusione.



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Il ricordo - Pierca: una ricerca verso la forma pura

Mauro Corradini, "Bresciaoggi" , supplemento "Arte", Dicembre 2010

 

Il mondo greco afferma che la vita di ogni uomo si misura nella morte; misura che non possiamo che utilizzare con Pierca, Pier Carla Reghenzi, all'anagrafe, ma guai a chiamarla così; lei era soltanto Pierca. Carattere forte, deciso, ma anche affettuosa e tenera; il giorno della morte era felice - a Iseo, durante l'inaugurazione della mostra di Enrico Ragni, suo marito - e confessava agli amici la sua soddisfazione e riconosceva la fatica di tutti quelli che avevano lavorato per quel risultato. Tornata a casa, era crollata di colpo: il suo cuore si era fermato.

A conti fatti, erano 70 anni che conosceva Enrico Ragni, da cui si era recata per farsi aiutare per sostenere gli esami di ammissione all'Istituto d'Arte, dopo il diploma magistrale. E inizia in quel momento la sua storia di donna e di artista; allieva, amica e infine compagna di Enrico, anche Pierca parte, come artista, all'inizio degli anni Quaranta (era nata a Seniga, nel 1921) con opere figurative, respirando il clima antinovecentista della seconda metà degli anni Trenta.

Già alla fine del decennio Quaranta compaiono le prime opere materiche, segnate da una ricerca informale, come nei paesaggi delle «Torbiere», per indicare il tema in cui si presenta al «Premio Brescia» nel 1952. Ma anche l'informale, con il suo carico di emozioni e costruito su una sostanziale presenza irrazionale, non soddisfa compiutamente la sua ricerca. Non paga, mai sazia, vuole andare oltre; dall'iniziale rivisitazione in chiave post cubista dei paesaggi al recupero colto della solarità e della forza della «Spagna», Pierca si distacca progressivamente anche dalla materia informe di una tavolozza ricca di umori. Un percorso, il suo, non lontano da quello di Enrico; procedevano autonomamente, guardandosi, sostenendosi anche in una città che non amava molto le aperture e le suggestioni che venivano dalle avanguardie.

Tale processo sembra concludersi, all'inizio del decennio Sessanta, con un approdo astrattista; ma Pierca era incapace, probabilmente, di restare ferma su quanto acquisito; voleva sempre andare oltre. Già all'inizio del decennio Settanta, altre forme entrano in questa sua ricerca ormai compiutamente astratta; e sono masse depositate sul supporto che mutano il rigore formale, riportando in campo il sostrato emotivo; come se la nostra pittrice, ogni volta raggiunta l'astrazione rigorosa, sentisse il bisogno di un ritorno alle matrici soggettive del fare arte, un bisogno di dar voce alle proprie tensioni, che, una volta espresse e ricomparse nelle sue icone, venivano prontamente abbandonate; più forte nella nostra pittrice il bisogno intellettuale di rientrare nei ranghi di un rigore, come quello, su tavola, che concludeva l'importante antologica realizzata in Castello, a Brescia, al Piccolo Miglio, all'inizio dello scorso anno.

Anche qui senza fermarsi sul già ottenuto; nelle ultime forme che ha elaborato, tra il 2009 e il 2010, costruite su tavola, Pierca ha costruito collages in cui gli equilibri formali dialogano con le forme che la mano crea, strappando i cartoni colorati; ancora una volta, il dialogo tra mente e mano, tra tensione verso l'assoluto e bisogno di «coralità» dà alla sua interpretazione dell'astrattismo un accento che è bene recuperare, perché può ancora insegnare a riflettere sul senso del fare immagine in un'età attraversata dai linguaggi mass mediali.

Una vita nell'astrazione, dice il titolo della mostra che Comune, Fondazione Cab, Ubi Banca e Brescia Musei hanno realizzato; sottolineiamo, ricordandone la recente scomparsa, che in questo viaggio verso l'assoluto, Pierca non ha mai dimenticato di tenere ben saldi i piedi sulla terra, con tutta la complessità di emozioni, durezze, struggimenti e aperture, che comporta non scordare mai la quotidianità del fare intensamente arte.



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Il destino finale che attendeva Pierca

Tino Bino, "Corriere della Sera" (Cronaca di Brescia / Rubrica Esercizi di memoria), 9 Aprile 2012

 

Il lungo sospiro si fermò improvviso, e crollò sul corpo che con quel fiato sospeso abbandonò la vita. Moriva così, il 20 novembre 2010 Pierca, nata Pier Carla Reghenzi 89 anni prima. La mattina di quel giorno fatale era stata ospite vivace alla apertura di una antologica dedicata ad Enrico Ragni, del quale era stata compagna di vita. Poi, soddisfatta di quell’omaggio, era tornata a casa ripercorrendo nella memoria la lunga corsa del binario artistico che aveva accompagnato la sua avventura con quella di Enrico. Ragni, erede e interprete della pittura figurativa, e lei, Pierca (un nome d’arte che ricordava figure mitiche della cultura ateniese), artista controcorrente, dotata di un talento e di una vigoria che l’avevano portata all’informale, all’astrazione, inseguendo le strade alternative e complicate della modernità. Ebbe mercato e riconoscimenti e attenzioni critiche. Quel giorno, tornata commossa e felice nella familiarità delle cose che gli avevano riempito la vita, trovò ad attenderla il destino che aveva coltivato: non essere mai banale, insignificante, prevedibile. Con quella morte così improvvisa, il destino ne assecondò anche l’ultimo atto. Erano le 17,45 di un sabato di tardo autunno.